IL. BELLO DI ESSERE "MATI"
Siamo state accolte dalla nostra socia Luciana Bedeschi nella sua splendida casa per la conferenza del dottor Italo Martinelli, appassionato di Storia Medievale, di Medioevo Simbolico e di Storia dell’Ordine Templare. Fra le sue numerose pubblicazioni, una in particolare rappresenta molto bene il tema della veronesità, legata all’antica filastrocca che recita le qualità dei popoli veneti e non solo (“Veneziani gran signori, Padovani gran dotori, Vicentini magna gati, Veronesi tuti mati, Udinesi castelani col cognome de Furlani, Trevisani pan e tripe, Rovigoti baco e pipe, i Cremaschi fa cojoni, i Bressan tajacantoni, ghe n’è anca de pì tristi: Bergamaschi brusa cristi, e Belun? Póre Belun, te se proprio de nisun!”, ). Infatti il volume "Veronesi tuti mati", scritto da Martinelli e corredato dalla fotografia magistrale di Dino Gamba, partendo proprio dal famoso detto, prende in esame il concetto di follia, distinguendola dalla pazzia e dall’essere matto, per arrivare a dare una spiegazione a quel “veronesi tuti mati”. La follia è propria di un disadattato con atteggiamenti tanto strani da rendere difficoltose le relazioni sociali, la pazzia sta ad indicare l’infermità mentale; definire, invece, “ matta” una persona chiama in causa, in tutte le culture, l’energia del caos primordiale, non a caso il “matto” o la “matta”, che dir si voglia, è la carta da gioco che può essere calata in sostituzione di qualsiasi altra e una volta sul tavolo può sparigliare tutte le altre. Così, per Martinelli, la “mattìa” è l’attitudine a guardare il lato positivo delle cose, il bicchiere mezzo pieno, il bello delle relazioni, perciò i veronesi devono andare fieri di essere definiti "tuti mati". A coronare questo piacevole pomeriggio, a fine conferenza, abbiamo brindato con i calici colmi di quel vino delle colline veronesi, che nel libro di Martinelli è citato come una delle cause che rende i veronesi "tuti mati".